Uno degli obiettivi più significativi che un laboratorio intorno alla pedagogia dell'arte può darsi è quello di straniare, di cambiare il proprio punto di vista per scoprirne molti altri. Vi presento una serie di scansioni digitali retroilluminate ad altissima risoluzione di piccole porzioni di foglie pressate e seccate. Le foglie così diafanizzano, acquistano una trasparenza delicata e poetica, magica e incredibile. In realtà si potrebbe ottenere lo stesso effetto guardandole al microscopio ottico, oppure montandole nei telaietti da diapositiva e proiettandole su una parete. Si aprono così percorsi di macro-contemplazione della bellezza in natura...
Guardare la natura così da vicino, così in grande, fa scoprire l'irregolarità che si gioca in ogni apparente simmetria. Piccole variazioni sul tema che generano bellezza ed evoluzione. Sempre uguale e mai la stessa...
Guardare da troppo vicino significa scoprire pelosità inaspettate (e quindi sinestetiche), tonalità di verde infinite, elementi che si ripetono rimpicciolendosi fino a scomparire.
Il colore autunnale introduce tonalità calde e apre al gioco: "A te cosa sembra?" Fiumi rossi, una città dall'alto, un albero in fiamme, l'autostrada dall'aereo...
Le cellule che compongono la foglia si possono contare, disegnano una pelle di serpente, una cellula ben addossata alle altre: vicine, ma non confuse.
"La fotografia, come l'arte in generale, non propone modelli o verità assolute. Vive quando riesce a far pensare a ciò che ci circonda, quando pone lo spettatore di fronte a un interrogativo aperto" (C. Simonetti, D. Zannelli, Parlami di te - esperienze di bricolage visivo, Corraini Edizioni).