La meraviglia si diffonde (qui il post precedente) con l'aprirsi delle scatole. Tutte uguali all'esterno, ma tutte diverse all'interno. Ogni educatrice è pregata di mantenere segreto il contenuto della sua scatola, ma non la propria emozione.
In un primo tempo, ognuno interpreta il contenuto della scatola che ha ricevuto a partire da sé, dalla propria situazione personale e professionale. Aprire quella scatolina, guardare l'oggetto e leggere la frase che ne orienta il senso (ma non troppo) è come affacciarsi su uno specchio e lasciarsi interrogare e interpretare allo stesso tempo.
Per non perdersi troppo a pensare a se stessi viene chiesto a ciascuno di trovare a chi dedicare - tra le presenti - la scatolina che si è ricevuto. Il dono della meraviglia diventa subito offerta, condivisione, bene e bello per l'altro.
Si apre un appassionato contrattare: ognuna può avere una e una sola scatola, così come tutte, nel dare, devono anche ricevere. Il gruppo ascolta, valuta, trova strategie affinché tutte siano soddisfatte. Una distribuzione concordata risulta impegnativa, soprattutto perché non si può dire apertamente né cosa è il contenuto, né l'intenzione che motiva la consegna. Vincono fiducia e disponibilità che rinforzano l'equipe di lavoro.
"I processi di creazione-riconoscimento delle immagini e il loro riferimento al «reale», dal riflesso di sé allo specchio fino all'identificazione dell'illustrazione, della foto, dell'opera pittorica «verosimigliante», rimangono circondati di grande indeterminatezza.
Appare comunque chiaro come l'influenza del contesto e il condizionamento dei modelli rappresentativi propri della cultura d'appartenenza dei bambini influenzino non solamente il giudizio ma persino le modalità dell'appercezione, cioè della percezione cosciente. Il riconoscimento e l'identificazione di un'immagine è dunque difficilmente distinguibile dal senso (o dall'impossibilità di individuarne uno, nel qual caso si tratti di un'immagine insensata) che all'immagine stessa è possibile, culturalmente ed emozionalmente, attribuire. E se il «reale» percepibile comporta questi problemi, ancor più complesso appare il problema dell'avvio alla percezione, all'appercezione, alla formulazione di giudizi e all'elaborazione di atti e opere generate come feedback dalle opere d'arte.
Dalla complessa e complessiva totalità della «materia» possono, a nostro avviso, esser fatte emergere, grazie alla mediazione dell'educatore-animatore, direzioni di senso rispetto alle quali condividere l'approccio attivo con la materia stessa..." (Marco Dallari, Cristina Francucci, L'esperienza pedagogica dell'arte).
Continua...
Appare comunque chiaro come l'influenza del contesto e il condizionamento dei modelli rappresentativi propri della cultura d'appartenenza dei bambini influenzino non solamente il giudizio ma persino le modalità dell'appercezione, cioè della percezione cosciente. Il riconoscimento e l'identificazione di un'immagine è dunque difficilmente distinguibile dal senso (o dall'impossibilità di individuarne uno, nel qual caso si tratti di un'immagine insensata) che all'immagine stessa è possibile, culturalmente ed emozionalmente, attribuire. E se il «reale» percepibile comporta questi problemi, ancor più complesso appare il problema dell'avvio alla percezione, all'appercezione, alla formulazione di giudizi e all'elaborazione di atti e opere generate come feedback dalle opere d'arte.
Dalla complessa e complessiva totalità della «materia» possono, a nostro avviso, esser fatte emergere, grazie alla mediazione dell'educatore-animatore, direzioni di senso rispetto alle quali condividere l'approccio attivo con la materia stessa..." (Marco Dallari, Cristina Francucci, L'esperienza pedagogica dell'arte).
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